Un giorno io e mia sorella Alessandra stavamo tornando a casa. Mamma, emozionata come sempre, ci chiese che cosa volevamo mangiare. Io preferivo mangiare la pasta al pomodoro, mentre Alessandra voleva la pasta bianca. Allora ci siamo messe a litigare ma mamma, che non sopportava vederci litigare, cucinò entrambe le cose per rendere felici entrambe.
Alle due e mezza, finito di mangiare, Alessandra propose di andare a giocare con le bambine e i bambini nel palazzo di fronte.
Dopo aver incontrato i bambini, mamma ci chiamò per andare a fare i compiti, e mia sorella disse, come sempre. “ Io non ho compiti”, ed era vero!
Decisi di andare in camera, e lei mi seguì. Quando mi preparavo a fare i compiti, il telefono suonò. Era la nonna Maria che mi invitava a stare da lei. Tutta contenta, feci i bagagli e mi preparai per andare, ma mamma mi chiese di prendere anche Alessandra. Non mi faceva molto piacere, ma dovetti ubbidire.
La nonna Maria abita in un bosco, con tanti abitanti a tanti animali. Lungo la strada, mia sorella ed io ci mettemmo a prendere dei fiori per la nonna. Arrivate davanti alla casa, mia sorella entrò. Prima di varcare la soglia, vidi un folletto che mi chiamava, nascosto in un angolo. “ Vuoi che tu e tua sorella non litighiate più?” – mi chiese sottovoce.
“Sì che lo voglio, eccome!!!”, risposi con decisione.
Allora il folletto mi disse: “ Se è così, devi andare nella palude incantata.” “ E dove si trova?” – replicai. “ La palude si trova ad ovest della casa della nonna”. “ Ad ovest?”. “ Sì! Nella palude troverai un forziere con dentro, tra l’altro, una pietra d’argento che ti aiuterà a controllare i capricci di tua sorella e non litigare più. ”
Presi allora la borsa e mi avviai verso la palude, verso ovest. Per la strada c’erano tante cose paurose, che mi terrorizzavano: dagli alberi sporgevano dei serpenti con le loro lingue biforcute, ragni velenosi appesi ai rami, enormi topi che mi attraversavano il sentiero, e tante, strane, oscure e misteriose voci che non capivo da dove venissero.
Facendomi coraggio arrivai alla palude incantata, dove trovai un forziere grande ed antico, tutto di legno di rovere, chiuso da un solido lucchetto arrugginito, privo però della chiave. La chiave, tutta d’oro luccicante, stava al collo di un cane feroce. Un topo apparve da una piccola grata nel terreno e mi suggerì: “ Michela, non riuscirai mai a prendere la chiave”.
“ Lo so “ – risposi – non ce la farò mai senza qualcuno che mi aiuti”. “ Prendi queste due ossa; uno è avvelenato, l’altro è normale. Usa quello avvelenato per il cane”.
Così feci: diedi l’osso velenoso al cane che si accasciò a terra, ed io vidi, nel forziere, la pietra d’argento di cui mi aveva parlato il folletto, quando mi spiegava della palude incantata.
Nel forziere c’erano anche tante monete d’oro e pietre preziose. Proprio mentre pensavo di usare il tesoro per me sola, apparve il folletto dicendomi che stavolta avrei dovuto superare una prova forse più difficile: donare il tesoro del forziere a qualcuno che ne aveva bisogno. In caso contrario, la pietra d’argento non avrebbe funzionato.
Controvoglia, mi avviai col forziere in mano, sperando in cuor mio di non incontrare nessuno. Proprio mentre pensavo queste cose, una vecchietta mi si parò davanti con le mani aperte. Aveva fame ed era malata, e da tanti giorni non riusciva a procurarsi né cibo, né medicine. Ricordandomi delle parole del folletto, capii che quella era la prova dura che mi aveva preannunciato: rinunciai allora al tesoro, tenendo per me la pietra d’argento, l’unica magia di cui avevo veramente bisogno.
Tornata in città, mia sorella mi aspettava a casa dei nonni. Quando li raggiunsi, mi chiesero dove ero stata, ma io non dissi nulla. Ci abbracciamo tutti e quattro, felici di esserci rincontrati.
Da allora, quando mia sorella mi fa arrabbiare, le faccio toccare la pietra d’argento, e lei diventa piccola come un dito e comincia a temermi e rispettarmi.
classe 4^ Plesso Pennesi, Centro, a.s 2006\07